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Biografie

di Mattia Albera

Jody Scheckter

Pilota Ufficiale

Campione del Mondo 1979

Nato a East London (Sud Africa) il 29 gennaio 1950

Dopo Alberto Ascari, Juan-Manuel Fangio, Mike Hawthorn, Phil Hill, John Surtees e Niki Lauda, Jody Scheckter è il settimo pilota che portò il Titolo Iridato a Maranello, esattamente il nono, visto che Ascari e Lauda ne conquistarono due a testa sotto le insegne del Cavallino Rampante.

Jody Scheckter nacque a East London, una delle maggiori metropoli della Repubblica del Sud Africa, il 29 gennaio 1950. Figlio di un garagista della cittadina balneare, ha avuto contatti inevitabili con le macchine ed anche con le corse. Nel suo garage arrivavano una volta all’anno anche i bolidi della Formula 1, quando il Gran Premio del Sud Africa si correva a East London, fino al 1965. Ha ricevuto l’istruzione al Selborne College a East London. I due ragazzini, Jody e il fratello Jan, che qualche volta venivano a curiosare attorno alle Ferrari, che erano appunto ospitate nel garage del padre. Con pochissimo interesse, a dire il vero, ma solo con curiosità per le macchine «strane» e per gli uomini che parlavano un’altra lingua, Jody e Jan Scheckter erano molto più interessati al rugby ed al nuoto, gli Sport che in Sud Africa fanno furore. Una volta cresciuti hanno provato anche il kart, ma solo per giocare; così come qualche scorribanda in moto, in qualche garetta.

Infine è arrivata anche la vocazione, sotto forma di una Renault ammaccata, che il padre aveva ritirato da un cliente e che pareva destinata alla demolizione. Jody se l’è presa, ed ha cominciato a lavorarci sopra, per rimetterla in sesto. Quando, dopo tanto lavoro, la macchina fu di nuovo in condizioni di camminare, erano arrivati anche i diciotto anni e così Jody con la «sua» macchina iniziò a divertirsi nelle gare locali, che sul circuito di East London erano ancora frequenti. Risultati molto buoni, con uno stile che era più quello dell’elefante che quello della gazzella, e per le corse nasceva un gusto spiccato. C’è un Campionato Nazionale e Jody vi partecipa, nel 1969, tanto bene che arriva in testa alla Classifica finale. La Renault però invecchia e lui passa a guidare una Mazda con motore a pistone rotante, molto più allegra. L’anno seguente, nel 1970, arriva l’approccio con una monoposto, macchina completamente differente dalle turismo. La prima corsa sembra disastrosa. «In tredici giri ho fatto quattordici testacoda», dice adesso divertitissimo. Però fa presto ad ambientarsi ed alla fine dell’anno è Campione Nazionale.

Dopodiché si lascia convincere ad andare in Inghilterra, patria delle corse automobilistiche. Portò con sé un buon biglietto da visita con la vittoria per l’assegnazione del prestigioso Premio “Pilota per l’Europa 1971”. Corre ancora in Formula Ford, nella quale si fa valere, ma arriva subito il salto in Formula 3, che lo rivela completamente. Riesce a vincere sul tracciato di Silverstone guidando una EMC, macchina che è tra le meno efficienti; subito dopo passa su una Merlyn, molto migliore, e sono sette vittorie prima della fine della Stagione. Sono in molti ad accorgersi di lui, e le offerte non gli mancano: Lotus, McLaren e Surtees. Jody sceglie per il Team McLaren per correre in Formula 2 nella Stagione seguente. Vince subito a Crystal Palace, su una pista molto difficile e tecnica. Alla fine della Stagione, per premiarlo e per provarlo, la Squadra McLaren gli dà la possibilità di correre in Formula l: sono passati diciotto mesi dal suo arrivo in Europa. Un’ascesa che è prodigiosa, simile soltanto a quella compiuta da Emerson Fittipaldi.

Si era abbattuto sulle corse della Formula 1 come un uragano tropicale. Dopo nemmeno due anni dal giorno in cui aveva provato per la prima volta una monoposto di Formula Ford, Jody Scheckter debutta in Formula 1 al Gran Premio degli Stati Uniti 1972, disputato sul circuito di Watkins Glen, al volante di una McLaren-Ford M19C ufficiale. Dopo una buona Qualifica (8° posto in griglia di partenza), in gara Scheckter sbalordisce tutti arrivando sino al terzo posto, dietro al compagno di squadra Dennis Hulme e dietro il Campione del Mondo in carica Jackie Stewart. Questo Jody Scheckter, il cui nome non ancora familiare veniva spesso storpiato dai cronisti, è una grande sorpresa. Devono passare mesi, prima che l’esperienza venga ripetuta, ma anche la seconda volta è la stessa cosa: Scheckter corre in Sud Africa, a casa sua, ed è secondo costantemente dietro Hulme, addirittura primo per un paio di giri quando Hulme è attardato. Terza partecipazione e primo «botto» fragoroso: nel Gran Premio di Francia è scatenato ed si porta addirittura in testa subito, davanti al brasiliano Emerson Fittipaldi. Vi resta senza soggezioni, senza complessi…fino a che con una manovra insospettabile riesce a far volare fuori pista la macchina di Fittipaldi. La colpa è difficile da attribuire, forse è stato solo un concorso di circostanze; qualcuno ha detto che Fittipaldi ha rischiato troppo. Lui, alla fine, ammette che non aveva nemmeno guardato gli specchietti, perché «non mi sarei mai sognato che qualcuno tentasse un superamento in quel punto, e così ho spostato la mia traiettoria».

Due settimane più tardi è ancora l’uomo delle cronache. A Silverstone, nel Gran Premio di Gran Bretagna 1973, parte in terza fila, ma vuol arrivare a ridosso dei primi. Alla fine del primo giro giunge fortissimo all’esterno della curva del traguardo, la macchina gli sbanda, la richiama e si mette a piroettare in mezzo alla pista. Succede il finimondo, ci sono macchine che vanno in tutti i sensi, una carambola mostruosa ed agghiacciante. Non accade nulla di grave, perché soltanto Andrea De Adamich resta prigioniero della sua scocca contorta, e ci vorranno venti minuti a tirarlo fuori. Nove macchine sono però distrutte ed il Gran Premio che era stato fermato riparte a ranghi ridottissimi. Lui dice che non ha fatto nulla di anormale, che la curva l’ha presa alla velocità che era possibile. «Forse», dirà, «non ho valutato il fatto che in quel punto doveva esserci del materiale scivoloso, perché c’erano rimaste le macchine in attesa del via». Insieme a Spa-Francorchamps 1998, l’incidente di Silvestone 1973 fu una delle carambole in pista più spettacolari della Storia della Formula 1.

In Canada, penultima corsa dell’anno, parte come una furia e si oppone strenuamente a chi vuole tentare di superarlo. Uno di questi è il francese François Cevert. I due si battono per il quarto posto, e mentre Scheckter non vuole lasciar passare Cévert, il francese vuole a tutti i costi passare: le due macchine finiscono fuori pista. Dopo tutto questo la reputazione di Jody David Scheckter è fatta: un irresponsabile, impetuoso e scriteriato, velocissimo ma cieco. È una reputazione che gli rimarrà appiccicata per parecchio, e che ancor oggi non è del tutto cancellata. A contribuire a questa sua immagine c’è il carattere, la poca comunicativa, anche l’aspetto fisico, che certo non è quello del pensatore. Invece Jody Scheckter, oggi, è molto diverso, ha ottenuto progressivamente una maturazione che, pur non avendone alterate le qualità basilari, ne ha smussato gli spigoli taglienti. È diventato più riflessivo, il suo comportamento in pista non è più quello selvaggio dell’esordio.

La Stagione 1973 lo vede sotto contratto con il Team McLaren. Corre in America nelle gare Can-Am, ma con una Porsche; corre anche il campionato americano della Formula 5000 e lo vince, battendo i favoriti Brian Redman e Peter Gethin. Alla fine della Stagione, la McLaren ha qualche problema da risolvere, per via di accordi finanziari. Per Scheckter non dovrebbe esserci posto nella Squadra di Formula l; per contro alla Tyrrell hanno bisogno di un pilota per sostituire lo scozzese Jackie Stewart che si ritirerà. L’accordo si fa a Watkins Glen, due giorni prima della corsa nella quale troverà la morte François Cevert, che avrebbe dovuto essere suo compagno di Squadra. Inizialmente è un po’ duro abituarsi alla Tyrrell 006, che era diventata difficile anche per Stewart. Poi, appena iniziata la Stagione 1974, arriva la Tyrrell 007, macchina molto migliore, sulla quale sono stati eliminati i problemi di maneggevolezza. Jody fa presto a salire nelle prime posizioni: è terzo in Belgio, secondo a Montecarlo e vince in Svezia. Il suo primo successo in Formula l arriva tre anni dopo il suo sbarco in Europa. Con Ken Tyrrell che lo guida, il «selvaggio» sudafricano si ammansisce, si plasma e diventa pilota sempre veloce ed aggressivo ma anche ragionante e attento. Di lui si dice sempre che è un «orso», ma ormai con toni di simpatia e di rispetto.

Nel 1974, calmati i bollenti spiriti, Scheckter passa alla Squadra Tyrrell. Ottiene la sua prima vittoria in Svezia (Anderstop), per ripetersi in Gran Bretagna (Brands Hatch). In quell’anno Jody lotta a lungo per il Titolo Mondiale contro Emerson Fittipaldi (McLaren-Ford) e i due alfieri della Ferrari Niki Lauda e Clay Ragazzoni, ma è costretto ad accontentarsi del terzo posto in Classifica Generale piloti con 45 punti finali conquistati.

Vince ancora nel 1975, ma poi arriva la nuova Tyrrell-Ford P34, la famosa “sei ruote”, che è una macchina difficile da guidare e anche da mettere a punto, una vettura che si addice poco alle sue qualità. La sua guida acrobatica non può essere sposata a quel tipo di automobile, e lui se ne accorge subito. È il compagno Patrick Depailler che fa quasi sempre meglio di lui, anche se nella Stagione 1976 egli riesce a vincere il Gran Premio di Svezia. Alla fine dell’anno, Scheckter lascia il Team Tyrrell, per passare alla Squadra che il miliardario austro-canadese Walter Wolf sta mettendo in piedi. Una squadra tutta nuova, con tecnici che vengono dalla Hesketh e che costruiscono una vettura nuova ed originale. Parrebbe un’avventura un poco fantasiosa, ma è invece cosa seria, anche se aiutata da un poco di fortuna. Alla prima gara a Buenos Aires arriva la prima vittoria, sia pure perché si sono ritirati in tanti. Poi c’è la grande corsa di Long Beach, la battaglia a tre con Andretti e Lauda, che per Scheckter finisce a pochi giri dalla fine per una foratura. Poi la vittoria di Montecarlo, e infine quella «in casa» a Mosport, anche questa favorita dalle sfortune altrui, ma che porta alla squadra canadese anche l’orgoglio del nazionalismo. Alla fine Scheckter è secondo nella Classifica del Campionato Mondiale, un traguardo che nessuno gli poteva pronosticare. Rimarrà con Walter Wolf anche per il 1978, confermando grande talento e sete di vittoria.

I due anni trascorsi positivamente alla Wolf convincono Enzo Ferrari che quello è il pilota migliore da affiancare al giovane e irruente pilota canadese Gilles Villeneuve. “Osservavo con interesse da due anni quel grintoso sudafricano di famiglia lituana”, ricordava Ferrari, “convinto che la sua esuberanza l'avrebbe portato, con l’adeguata assistenza tecnica di una squadra professionale, a vertici mondiali”. Una delle tante previsioni esatte del “Drake di Maranello”, visto che Scheckter fece correre il Cavallino Rampante fino alla conquista del nono Titolo Iridato.

Come Enzo Ferrari aveva previsto, in quello stesso anno Scheckter vince tre Gran Premi (Belgio, Monaco e Italia, al volante della Ferrari 312 T4 “ciabatta”), dimostrandosi ormai “non soltanto un combattente audace ma anche un razionale calcolatore di risultati intermedi”. Jody Scheckter conquista il Titolo Mondiale di Campione iridato 1979 in una splendida giornata di festa a Monza, dove, nel Gran Premio di casa, le Ferrari di Scheckter e di Villeneuve sfrecciano ai primi due posti sulla linea del traguardo. Un risultato che ancora una volta premia la lungimiranza di Enzo Ferrari, che aveva voluto nel suo Team prima il canadese e poi quel sudafricano che aveva dimostrato di essere maturato come nessun altro nelle sei Stagioni disputate fino a quel momento.

Jody Scheckter è stato l’ultimo Campione del Mondo in Formula 1 al volante della Ferrari. Dovettero passare 21 anni prima di vedere il pilota tedesco Michael Schumacher vincere il Titolo Piloti sotto le insegne del Cavallino Rampante.

Jody s'interessava molto della sicurezza dei piloti. Fu eletto presidente della “Formula 1 Drivers Association” e per questo dava fastidio a molti. Voleva abolire le minigonne mobili (bandelle laterali che creano deportanza “incollando” le vetture sulla pista, in curva), restringere i pneumatici ed allargare il telaio. « ...Quando sfortunatamente le minigonne rimangono bloccate in alto, si perde circa la metà della deportanza e quindi il controllo sulla macchina. Se si è fortunati si riesce a prendere la curva in sbandata, altrimenti si vola fuori pista…In alcune macchine il pilota è ficcato sul sedile con solo pochi centimetri di guscio su entrambi i lati. Non c’è praticamente protezione per lui se viene colpito sul fianco o se slitta lateralmente contro qualcosa. Non c’è motivo per cui le macchine non possano avere una maggiore struttura di scocca, tranne per il fatto che i costruttori si sono accorti che una macchina più stretta è più veloce: ma se tutte le macchine fossero più larghe, non danneggerebbe nessun progettista più di un altro». E’ incredibile l’attualità di questo discorso. Sembra fatto ai giorni nostri e non nel 1980. Per la cronaca le minigonne furono abolite nel 1982; i pneumatici ristretti nel 1993 e le protezioni laterali al pilota introdotte nel 1996!

La Stagione successiva risulta forse la più disastrosa del pilota sudafricano, vuoi per la mancanza di competitività della 312 T5, vuoi perché il sudafricano è chiaramente appagato dal Campionato vinto. Jody si è sposato con Pamela, una ragazza anche lei di East London, e la sorella di Pamela ha sposato Jan, fratello di Jody, che pure è arrivato alla Formula 1 ma con molta meno fortuna e abilità. East London è però lontana. Adesso Jody David Scheckter vive a Montecarlo, dopo aver trascorso qualche tempo a Malaga, abbandonata perché era un poco scomodo arrivarci e ripartire. A Montecarlo c’è il mare, come a East London…e poi non si pagano tasse! E per atavismo, Jody David Scheckter è di quelli che non vorrebbero mai dare un soldo a nessuno. Il giovanotto sudafricano, irruente e selvaggio, si è trasformato. È diventato anche quasi elegante, tratta i suoi affari attraverso un uomo di fiducia, ha un ufficio permanente. Si fa anche scrittore, raccontando le sue vicende per le colonne di qualche rivista specializzata (chiede compensi salati). Però è rimasto fondamentalmente semplice. Il 15 luglio 1980 in un albergo di Milano tiene una conferenza stampa: «Al termine di questa Stagione mi ritirerò dalle corse. Avrei potuto tirare avanti ancora un anno per guadagnare altri soldi. Ma in “Formula 1” questo non si può fare. Sarebbe stupido ammazzarsi per dei soldi»....«Ho avuto tutto dalle corse: soldi, soddisfazioni un po’ di fama. Ma ho sempre considerato lo Sport come un periodo della mia vita. Ora voglio fare altre esperienze, altre scoperte. Voglio realizzarmi in qualcosa di totalmente diverso».

Nel 1981 divorzia dalla moglie Pamela ed emigra ad Atlanta, in Georgia (USA). Ma quando Gilles Villeneuve morì nel 1982, la lealtà e i buoni sentimenti di Jody vennero fuori, e ritornò a Montecarlo, aiutando la famiglia Villeneuve a superare i momenti difficili.

A differenza di tanti ex piloti, che una volta appeso il casco al chiodo sono rimasti nell’orbita delle corse, Scheckter ha tagliato tutti i ponti con il Circus della Formula 1. Ma non si è certo ridotto a vivere di ricordi: al contrario, ha sfoderato ancora tutta la sua grinta lanciandosi, quasi per caso, in un settore, quello dei simulatori di tiro professionali, nel quale era praticamente tutto da inventare e di cui lui stesso sapeva poco o nulla. L’idea ha funzionato: Scheckter è un affermato dirigente d’azienda negli Stati Uniti. Negli anni Ottanta è stato commentatore delle gare di Formula 1 per la rete americana CBS. È naturista convinto (ha messo in piedi un’azienda agricola in Inghilterra), si nutre in maniera semplice, passa ore ed ore ad allenarsi.

Alle corse non ci ha pensato più. Anzi era convinto che andandosene negli Stati Uniti dove non era famoso sarebbe riuscito a nascondere il suo passato di pilota di Formula 1 ai suoi due figli. Speranza vana in quanto sia Toby che Tomas hanno poi cominciato a gareggiare in auto. Arresosi all’evidenza ha cominciato prima a seguire Toby, che con alterne fortune ha gareggiato nelle formule minori, e poi Tomas diventato, all’età di 20 anni, collaudatore della Jaguar-Cosworth di Formula 1. Jody segue il figlio come un’ombra ed il vecchio amore è nuovamente tornato: “Se un giorno mio figlio arrivasse sul podio penso proprio che potrei rivivere una emozione simile a quella vissuta ventuno anni orsono”. Oltre ai ragazzi già citati, Jody ha avuto altri 4 figli dalla seconda moglie Claire: Hugo, Freddie, Ila e Poppy.

LA CARRIERA IN FORMULA 1

Debutto: Gran Premio degli Stati Uniti 1972 (Watkins Glen) su McLaren-Ford M19A

Ultima gara: Gran Premio degli Stati Uniti East 1980 (Watkins Glen) su Ferrari 312T5

Titoli iridati: 1 (1979)

 
GP disputati  112 Stagioni  9
Pole Position  3 Giri Più Veloci  5
Punti  255    

Piazzamenti a punti

 10   14   9   9   7   4       

CAMPIONATO DEL MONDO DI F.1

Anno

Team GP PP GPV Vittorie Posizione finale

Punti

 1972 

 McLaren-Ford M19A  1      

  

  

 1973 

 McLaren-Ford M19C/M23  5      

  

  

 1974 

 Tyrrell-Ford 006/007  15    2  2

 3° 

 45 

 1975 

 Tyrrell-Ford 007  14      1

 7° 

 20 

 1976 

 Tyrrell-Ford 007/P34  16  1  1  1

 3° 

 49 

 1977 

 Wolf-Ford WR1/WR3  17  1  2  3

 2° 

 55 

 1978 

 Wolf-Ford WR1/WR6  16      

 7° 

 24 

 1979 

 Ferrari 312T3/312T4  15  1  1  3

 1° 

 55 (60)* 

 1980 

 Ferrari 312T5  13      

 19° 

 2 

* Fuori dalla parentesi i punti ritenuti validi ai fini iridati

 

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