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Biografie

di Mattia Albera

Mike Hailwood

Pilota Ufficiale

Nato a Great Milton (Gran Bretagna) il 2 aprile 1940

Morto a Birmingham (Gran Bretagna) il 23 marzo 1981

Stanley Michael Bailey Hailwood può tuttora essere considerato il più grande corridore della Storia del Motociclismo Mondiale. La sua figura Leggendaria sulle due ruote resta ancora oggi indimenticabile. Al suo attivo 76 vittorie in Motomondiale, superato solo da Giacomo Agostini (122), Angel Nieto (90) e recentemente da Valentino Rossi. Vinse nove Titoli Mondiali: quattro nella classe 500cc, due nella 350cc e tre nella 250cc.

“Mike The Bike”, così veniva soprannominato, impara a guidare in un campo di otto acri vicino a casa tracciando una pista ovale causata dai tanti giri che faceva la domenica dopo la Messa. Ebbe una vita molto più facile della maggior parte dei ragazzini che si scoprono la vocazione di pilota motociclistico, e questo grazie ad un padre molto ricco, Stan Hailwood, appassionato di moto, e alla conseguente possibilità di ottenere il meglio senza particolari problemi: il tutto però unito ad una straordinaria abilità, coraggio e volontà di vincere, doti innate che il patrimonio paterno non avrebbe certo potuto procurare. Frequentò il Pangbourne College, ma lo lasciò presto e lavora per breve tempo nell’azienda di famiglia prima che suo padre lo mandasse a lavorare presso la Triumph Motorcycles.

Hailwood corre la sua prima gara il 22 aprile 1957, a Oulton Park. A quel suo primo incontro Hailwood arriva a bordo di un’auto con tanto di autista e con molto sussiego si fa avanti, in un’inappuntabile tenuta di gara. Molti dei presenti pensano certamente che si trattasse di uno scherzo, ma ben presto hanno modo di ricredersi. Appena diciassettenne, si piazza all’undicesimo posto. La prima vittoria di Mike Hailwood, a sole poche settimane di distanza dalla sua prima gara, ha luogo sempre in Inghilterra, a Blandford Camp, nel Dorset, dove mantiene la sua MV 125 in prima posizione fin dall’inizio. Il consuntivo di quella sua prima Stagione è senz’altro positivo: ben raramente si classifica al di fuori dei primi cinque posti. Il futuro Campione si serviva allora per i suoi spostamenti di un autofurgone abbastanza grande per poter contenere una dozzina di moto, più due «posti letto» per se stesso e per il meccanico: proprio questa organizzazione crea all’inizio una barriera tra il giovane corridore ricco e gli altri piloti senz’altro meno agiati. Hailwood è quindi praticamente costretto a mettere in mostra le sue indiscutibili capacità, in modo che nessuno potesse ritenere i suoi successi derivati esclusivamente dalle più consistenti possibilità economiche.

Nel 1958 Hailwood vive la sua prima Stagione Internazionale. Ad appena un anno di distanza dal suo esordio come corridore, si iscrive a tutte e quattro le gare «a solo» del Tourist Trophy. Sorprendentemente si classifica terzo nella 250, settimo nella 125, dodicesimo nella 350 e tredicesimo nella prova più importante, quella riservata alle 500 cc. Nei due anni seguenti partecipa alle gare con moto di molte marche, da una ltom 50 alle Norton, alle Ducati, alle Paton, alle NSU, alle MV ed a qualsiasi altro mezzo che sia in grado di fornire una certa competitività. Successivamente tenta anche di comperare le Morini bialbero e le Gilera quattro cilindri, ma senza successo. È in grado di passare da una moto all’altra con un virtuosismo incredibile, continuando a collezionare vittorie su vittorie. Ma è il 1961 l’anno in cui dà veramente prova della sua bravura, vincendo tre gare di Tourist Trophy in una sola settimana: e se, nel corso della prova riservata alle 350 cc, non si fosse rotto lo spinotto della sua AJS a circa venti chilometri dal traguardo avrebbe vinto anche quella. La sua vittoria più bella è senz’altro quella ottenuta nella prova più importante,quella delle 500 cc, con una Norton Manx: messa a punto da Bili Lacey, mantenne una media superiore ai 160 chilometri orari e il suo giro più veloce lo fece alla vertiginosa velocità di 161 km/h. È vero che Gary Hocking, il favorito, era rimasto bloccato dai problemi della sua MV quattro cilindri, ma la velocità sul giro realizzata da Hailwood fa comprendere che si sarebbe guadagnato ugualmente il posto d’onore anche se fosse stata la moto italiana a vincere. Fu anche d’aiuto alla Honda in occasione dei suoi primi tentativi di ottenere un successo all’Isola di Man, vincendo con il bicilindrico nella classe 125 e con la quattro cilindri nella 250 cc, anche se favorito in questa classe dalla defezione dello scozzese Bob Mclntyre, costretto al ritiro da problemi di raffreddamento dell’olio, pur avendo compiuto un giro alla considerevole media di quasi 160 km/h.

Hailwood si impone nella 250 lasciandosi alle spalle i piloti ufficiali della Honda Redman e Phyllis. A questa vittoria vanno aggiunte quelle ottenute al Gran Premio d’Olanda, a quello della Germania dell’Est e a quello di Svezia: tali risultati, uniti a tre secondi posti, lo portano alla conquista del Titolo Mondiale delle 250 cc. Ma anche nelle altre classi ottenne risultati di rilievo, come i sei secondi posti, due vittorie e un quarto posto nella 500 cc. Hailwood a quell’epoca non è un corridore ufficiale vero e proprio: la moto gli era stata data in prestito e gli era stato consentito il sostegno della Casa solo perché suo padre aveva accettato di importare le macchine della Honda.

Verso la fine del 1961 il conte Agusta fissa l’attenzione su Hailwood: organizza una serie di prove e gli consente di correre a Monza con le MV quattro cilindri di 500 e 350 cc, in occasione della penultima prova valida per il Campionato del Mondo. Ed Hailwood non perde tempo, dimostrando subito al conte cosa fosse in grado di fare: vinse la 500 e si classifica secondo dietro a Hocking nella 350 cc. Questi due successi danno inizio al lungo e fortunato sodalizio Hailwood-MV: il pilota inglese rimane con la Casa italiana sino al 1965, battendo in quegli anni di convivenza quasi tutti i record sul giro e sulla distanza e raccogliendo per la MV ben quattro Titoli Mondiali, sempre nella massima cilindrata. L’innegabile supremazia della coppia in quegli anni e la mancanza di antagonisti validi rischiarono di incrinare con la noia il felice rapporto tra il corridore inglese e la Casa italiana. Hailwood avrebbe desiderato moltissimo partecipare anche a qualche prova riservata alle 250 cc, ma la MV aveva da tempo abbandonato tale cilindrata. Riesce comunque a partecipare ugualmente ad alcune prove riservate a questa classe con la tedesca orientale MZ, che porta alla vittoria (cosa riuscita a pochi altri piloti) al Sachsenring nel 1963.

Mike Hailwood debutta in Formula 1 al Gran Premio di Gran Bretagna 1963, disputato sul circuito di Silverstone, al volante di una Lotus-Climax 25 privata iscritta dal Team Parnell. Il giovane pilota inglese, dopo essersi qualificato in 17° posizione, termina la gara all’ottavo posto, ben figurando tra i piloti più veloci ed esperti di lui. Ritorna nell’ambiente della Formula 1 soltanto nei mesi successivi, precisamente Gran Premio d’Italia a Monza, al volante di una Lola-Climax Mk4-A privata, dove ottiene un decimo posto in gara.

Nel 1965, però, fa la sua comparsa sulla scena della MV un certo Giacomo Agostini, e le cose cominciarono a ravvivarsi, anche perché Hailwood non avrebbe mai accettato nessuna imposizione in materia di ordini di Scuderia: Ago avrebbe potuto vincere solo ed esclusivamente in virtù dei propri meriti personali. Una delle prove più difficili cui Hailwood viene sottoposto è senz’altro il Tourist Trophy 1965, classe 500. Vale la pena di ricordare i fatti: al terzo giro, mentre si trova in testa senza problemi, la sua MV slitta su una macchia d’olio, finendo a terra; il pilota si rialza illeso, ma la moto è in condizioni penose: il parabrezza si era rotto, i tubi di scarico si erano completamente appiattiti da un lato, il manubrio e le pedane poggiapiedi si erano piegati...Più di un pilota dotato di una temperamento forte della sua a quel punto si sarebbe dato per vinto: Hailwood invece spinge la MV contro mano in discesa, contro tutte le regole e con la complice momentanea «distrazione» dei commissari di gara, per poterla rimettere in moto. Tornato ai box, si ferma appena quel tanto perché la moto potesse essere rimessa a posto alla belle meglio: il parabrezza viene tirato via ed Hailwood affronta il resto della gara in queste condizioni, sotto una pioggia pungente. Ma la moto ha subìto un altro danno ben più grave e pericoloso: una delle farfalle del carburatore si era aperta completamente, e il Campione proseguì ugualmente la corsa scherzando con la morte come non gli era mai capitato prima di allora, lavorando sui freni per impedire che nelle curve la moto se ne andasse per i fatti suoi. Semiaccecato dalla pioggia, Hailwood porta a termine anche l’ultimo giro, vincendo a una media di 148 chilometri all’ora.

Un momento difficile nei rapporti con la MV si ha quando, nel 1964, ad Imola la Gilera torna momentaneamente alle corse ed Hailwood si trova a dover fare i conti con John Hartle e Derek Minter. Pur essendo reduce da una caduta durante una gara in Inghilterra che gli aveva lasciato ancora, come strascico, un polso dolorante, Hailwood non può resistere alla tentazione di un confronto con la Gilera. La gara è per lui un disastro: il dolore al polso aumenta infatti sempre di più, e le Gilera rivali (che correvano in casa) lo superano rombando davanti a una folla enorme: naturalmente il nome della MV era uscito sminuito da questa sconfitta. Il giorno seguente Hailwood deve sorbirsi una sgridata particolarmente severa da parte del conte Agusta, che non era certo tenero quando riteneva di aver perso stupidamente una corsa.

Nel 1964 Hailwood diventa pilota stabile del Mondo della Formula 1. Acquista una Lotus-BRM 25 e si presenta regolarmente al via della Stagione. Alla prima gara, sul circuito cittadino di Montecarlo, conquista il primo punto iridato della Carriera giungendo sesto al traguardo. Ma l’annata non si rivela così proficua: cedimenti meccanici sulla monoposto e inutili piazzamenti in gara lo portano ad abbandonare la Formula 1 al termine della Stagione.

Alla fine del 1964 il Campione inglese è sul punto di entrare a far parte della Squadra ufficiale della Honda: Jim Redman era intervenuto con una certa insistenza perché venisse affidata ad Hailwood una Honda per il Gran Premio d’Italia, ma i responsabili del reparto corse della Honda avevano rifiutato. A un anno circa di distanza, però, Hailwood viene invitato a provare la Honda 250 sei cilindri: il suo compito più importante (e il motivo principale per il quale la Honda lo vuole) è di fare in modo che la nuova 500 cc quattro cilindri vincesse il Campionato del Mondo, anche se poi, in realtà, nel 1966 affidarono alloro pilota più collaudato, il rhodesiano Jim Redman, il mezzo più competitivo. La nuova Honda 500 aveva una potenza veramente notevole, ma la tenuta di strada non era certo l’ideale.

All’inizio della Stagione 1966 Hailwood svolge quindi nella massima cilindrata il ruolo di gregario nei confronti di Redman: ma verso la metà della Stagione si ebbero degli sviluppi drammatici, in quanto Redman fu costretto a ritirarsi dalle corse per una frattura ad un braccio riportata in una caduta. Al Gran Premio d’Italia, ultima prova di Campionato Mondiale, si rompono le valvole della Honda di Hailwood mentre è lanciato all’inseguimento di Agostini, e Agostini si impadronisce di un Titolo che chiunque, all’inizio della Stagione, avrebbe pensato fosse a completa disposizione della Honda. Hailwood comunque riesce a conquistare i Titoli Mondiali delle classi 250 e 350 cc.

L’anno seguente, che per il Campione avrebbe rappresentato l’ultima stagione completa di corse motociclistiche, un episodio analogo: il carter della sua Honda si rompe proprio mentre sta conducendo il Gran Premio d’Italia con un buon numero di secondi di vantaggio su Agostini, che con questa vittoria conquista il secondo Titolo Mondiale; come si può immaginare, Hailwood (che nel corso della Stagione aveva ottenuto cinque vittorie come Agostini e due secondi posti contro i tre del Campione italiano) ne esce profondamente scoraggiato, anche se conquista ancora i Titoli delle classi 250 e 350. Ma in questi due anni Hailwood comincia a sentire tutte le preoccupazioni e le tensioni insite nelle gare: a questo contribuisce anche la non facile guida della grossa Honda 500, abituata a ondeggiare e a flettersi in modo allarmante ad ogni curva.

Per Hailwood una delle soddisfazioni più grandi viene dal Tourist Trophy del 1967, classe 500 cc. Quella, più che una normale prova di Campionato Mondiale, è un vero e proprio duello: Hailwood e la Honda contro Agostini e la MV. Hailwood ha a sua disposizione la moto più potente, che però, incidentalmente, è anche la più difficile da maneggiare. Agostini, la cui MV è stata elaborata e perfezionata proprio tenendo conto di questo difficile percorso di montagna, sprizza da tutti i pori fiducia in se stesso e nel proprio mezzo. Quando la bandierina venne abbassata, Hailwood parte come un razzo superando il record sul giro con partenza da fermo, ma c’è sempre Agostini, e per quanto Hailwood portasse a 175 chilometri all’ora il record sul giro, il miglior giro di Ago gli è inferiore solo per un soffio. Hailwood, estremamente preoccupato per la spiacevole combinazione costituita dalla sua grossa Honda e dal percorso del Tourist Trophy, costringe gli spettatori ad allontanarsi precipitosamente dai muri e dalle barriere di protezione lungo tutto il circuito, in un’impressionante sequenza di ondeggi, beccheggi e derapate. Si disse che in un punto del circuito i commissari di gara fossero stati costretti a squagliarsela, convinti che la Honda praticamente priva di controllo sarebbe piombata loro addosso. Malgrado questi seri problemi Hailwood deve spingere ancora più forte, perché Ago continua a rappresentare un pericolo incombente. A complicare le cose, la manopola del gas della Honda comincaò a staccarsi dal manubrio. La frenetica fermata ai box e l’aiuto di un martello non servono a risolvere il problema, ma Hailwood non ha tempo da perdere: riduce lo svantaggio di undici secondi che aveva accumulato con la fermata ai box, riuscendo a conquistare persino un secondo di vantaggio, poi perde nuovamente terreno. Sembrava proprio che la MV avrebbe finito col vincere: poi, l’imprevisto, che alla fine compare sempre nei Tourist Trophy più combattuti, accade anche questa volta. A pochi chilometri di distanza dal traguardo la tormentata catena della MV cadde a pezzi…e la vittoria va ad Hailwood. Le ovazioni provenienti dagli spalti devono essere state con tutta probabilità le più forti che si fossero mai sentite.

Per quanto la Honda avesse elaborato per la Stagione 1968 delle nuove moto, viene deciso comunque di mettere a disposizione di Hailwood delle moto da 250, da 350 e da 500 cc della Stagione precedente. A questo punto sarebbe senz’altro stato possibile reperire il telaio più adatto per tenere sotto controllo la potenza delle 500, ed Hailwood avrebbe forse potuto conquistare un altro Titolo; ma a questo punto scoppia la bomba: la Honda annuncia la propria decisione di abbandonare ogni forma di attività agonistica, contribuendo in gran parte a mettere la parola fine alla brillante Carriera del Campione inglese. Si disse persino che Hailwood fosse stato ugualmente pagato dalla Honda anche per il 1968, purché non accettasse di correre con altre marche. Difatti Mike disputò solo poche gare con le vecchie Honda rimastegli, anche se piuttosto malridotte e praticamente sprovviste di ricambi. Fin che stanno insieme Hailwood accetta gli inviti, profumatamente pagati, degli organizzatori italiani che vogliono a tutti i costi il loro bravo duello Agostani-Hailwood per richiamare pubblico. Come sempre Hailwood non delude e nel 1968 vince a Rimini la 350 ed è secondo nella 500, vince con la 500 a Imola e a Cesenatico.

Quello stesso anno, per il Gran Premio delle Nazioni a Monza, il conte Agusta gli offre ancora la possibilità di guidare le MV. Hailwood accetta ed effettua le prove; quando però gli viene detto che in gara dovrà dare la precedenza al suo ex compagno di squadra Agostini, si inalbera e all’ultimo momento passa a guidare la Benelli 500 che gli viene offerta dalla Casa pesarese. Il giorno della gara piove e per alcuni giri si assiste a un confronto strepitoso fra Agostini ed Hailwood, che supplisce con spericolatezza a ciò che manca alle prestazioni della sua occasionale cavalcatura. Osa però troppo e in staccata alla curva parabolica fa un interminabile ruzzolone sull’asfalto che, viscido com’è, frena solo in minima misura la slittata: tutto si risolve però senza altro danno che…una grinta feroce, carica di rabbia repressa, per cui nessuno si azzarda a rivolgere parola al grande Campione che rientra a piedi verso i box. Gli è forse di conforto il caloroso applauso del pubblico. Con la Benelli Hailwood corre anche a Riccione, arrivando terzo. Chiude tuttavia bene la Stagione (una Stagione di «cassetta» più che altro) vincendo uno in fila all’altro quattro confronti contro Agostini, servendosi delle sue Honda; si impone infatti in una serie di corse di fine d’anno a Mallory Park e Brands Hatch. Hailwood non sarebbe più tornato alle gare motociclistiche a tempo pieno, avendo scelto di proseguire la sua Carriera Sportiva nell’Automobilismo. Riceve la “British Empire Medal”, alta onorificenza della corona britannica, per i suoi servizi nel campo dello Sport Automobilistico.

Ormai sempre più attratto dalle auto, con le quali disputerà delle buone gare, particolarmente con una Surtees nella Formula 5000, appare solo raramente in sella alle moto. Nel 1969 ricordiamo la sua comparsa a Riccio ne con una Honda 500 ormai agli sgoccioli, che porta al secondo posto dietro ad Agostini ma con un distacco di quasi un minuto.

Nel 1970 e nel 1971 partecipa a Daytona nello squadrone delle BSA ma non ha fortuna e si ritira entrambe le volte, dopo essere anche caduto in prova. Nel 1971 gli organizzatori del circuito di Pesaro fanno sensazione annunciando la straordinaria rentrée di Hailwood con la Benelli 350, ma non c’è niente da fare contro la MV di Agostini, che vince questo ennesimo confronto.

Il suo rientro ufficiale in Formula 1 viene registrato nel Gran Premio d’Italia 1971 a Monza al volante di una Surtees-Ford TS9A ufficiale. Si tratta di un rientro brillante: in gara conquista un meritato quarto posto. La sua performance risulta addirittura migliore del pilota-costruttore, l’inglese John Surtees. Con la monoposto di “Big John”, Mike Hailwood conquista il Campionato Europeo di Formula 2 nel 1972. E anche in Formula 1 i risultati cominciano ad arrivare: al Gran Premio del Sud Africa, sul circuito di Kyalami, Hailwood fa registrare il Giro più Veloce in gara prima di essere costretto al ritiro per la rottura della sospensione. Nel 1972 Hailwood conquista ottimi risultati in gara: quarto a Nivelles-Baulers (Belgio), sesto a Clermont-Ferrand (Francia) e quarto a Osterreichring (Austria). La Stagione termina con uno straordinario secondo posto conquistato a Monza, una pista congeniale per la guida di Mike. Anche se John Surtees e Mike Hailwood avevano i temperamenti estesamente differenti, il loro passato in comune come corridori di motocicletta li collegò insieme in un’alleanza formidabile. Mike era un pilota geniale, serio, professione e totalmente dedito al suo lavoro e alla sua passione.

Hailwood aveva raggiunto una certa fama ed era diventato estremamente popolare sulle due ruote, diventando uno dei migliori Campioni del Mondo motociclisti di tutti i tempi. Ma primeggiava anche nei Gran Premi e fu uno dei migliori “atleti dei boudoir” che la Formula 1 abbia mai avuto. Sua moglie Pauline Barbara Nash, sposata l’11 giugno 1975, sapeva che se avesse cercato di controllarlo lui l’avrebbe lasciata, quindi gli permetteva delle scappatelle. Il Sudafrica era uno dei “terreni di gioco” preferiti e, secondo l’ex pilota di Formula 1 Guy Edwards, Pauline era solito dirgli che gli consentiva di “allenarsi” là, ma senza stancarsi troppo. Il giornalista Ted Macauley ha passato molto tempo con Hailwood: “Le corse erano solo una parte della vita di Mike”, ricorda. “La sua prima preoccupazione era divertirsi. Era pronto a tutto, che si trattasse di lanciare la macchina presa a noleggio nel mare di Daytona o organizzare una gara di retromarcia da Daytona a Miami. Non mi sembra che siamo riusciti a fare più di due o tre chilometri…”

“Uno dei momenti in cui Mike diede il meglio di sé fu la festa per il 25° compleanno organizzata da Giacomo Agostini al Palace Hotel dell’Isola di Man. L’inglese di Agostini era abbastanza zoppicante e questo rendeva piuttosto prolisso il suo discorso di ringraziamento agli amici. Mike era seduto accanto a lui e decise di velocizzare le cose suggerendogli le frasi. Grato del gesto del collega – e fiducioso, dato che non capiva neppure una parola di quello che Hailwood gli diceva – Agostani ripeté ogni frase sussurratagli e si sedette dopo un applauso. Ma Mike non aveva finito e pronunciò un’ultima frase all’orecchio di Giacomo che si rialzò dicendo ‘Un’ultima cosa: andate a farvi…’. Tutti ammutolirono”. Anche se era una leggenda in pista, Mike Hailwood non si tirava mai indietro davanti a una bella bevuta.

La Stagione iridata di Formula 1 1973 è un vero disastro: Mike Hailwood non riesce a terminare quasi nessuna gara a causa della totale mancanza di affidabilità della monoposto. Frustato dalla mancanza di risultati decide di passare al Team McLaren.

Nel 1974 Mike Hailwood torna tra i protagonisti della Formula 1, al volante della McLaren-Ford M23 privata a sponsorizzazione Yardley. Con una macchina vincente, i risultati non tardarono ad arrivare: quarto posto a Buenos Aires (Argentina), quinto ad Interlagos (Brasile) e un memorabile terzo posto a Kyalami (Sud Africa). È una grande Stagione. Purtroppo, la Carriera di Hailwood in Formula 1 si conclude con una grave uscita di strada durante il Gran Premio di Germania sul difficile e insidioso circuito del Nürburgring. L’incidente avviene al 12° passaggio alla curva Bronchen, quando la McLaren del pilota inglese sbatte violentemente contro il guard-rail. Mike si frattura la gambe e resta per un lungo periodo in convalescenza.

Mike Hailwood effettua un breve ritorno nel Motociclismo nel 1978 conquistando il prestigioso premio “Isle for Man” al volante di una Ducati da 900 cavalli. L’anno seguente Hailwood vince il Seniar TT su una Suzuki della Classe 500. Furono le ultime apparizioni di “Mike the Bike” in gara. Si ritira ufficialmente dalle competizioni per fondare la società “Motorcycle Business” insieme al suo amico ex motociclista Rod Gould.

L’indimenticabile Mike Hailwood morì in un incidente stradale a Birmingham il 23 marzo 1981 con la sua giovane figlia Michelle. Erano usciti di casa al volante della loro Rover SD1 per comprare del pesce quando la loro vettura ebbe una terribile collisione con un autocarro. La morte di Mike Hailwood ha lasciato un vuoto nel Mondo dell’Automobilismo e del Motociclismo difficilmente colmabile.

LA CARRIERA IN FORMULA 1

Debutto: Gran Premio di Gran Bretagna 1963 (Silverstone) su Lotus-Climax 24

Ultima gara: Gran Premio di Germania 1974 (Nürburgring) su McLaren-Ford M23

 
GP disputati  50 Stagioni  7
Pole Position   Giri Più Veloci  1
Punti  29    

Piazzamenti a punti

    1   1   5   1   2       

CAMPIONATO DEL MONDO DI F.1

Anno

Team GP PP GPV Vittorie Posizione finale

Punti

 1963 

 Lola-Climax Mk4        

  

  

  

 Lotus-Climax 24  2      

  

  

 1964 

 Lotus-BRM 25  9      

 19° 

 1 

 1965 

 Lotus-BRM 25  1      

  

  

 1971 

 Surtees-Ford TS9  2      

 18° 

 3 

 1972 

 Surtees-Ford TS9B  10    1  

 8° 

 13 

 1973 

 Surtees-Ford TS14A  15      

  

  

 1974 

 McLaren-Ford M23  11      

 11° 

 12 

* Fuori dalla parentesi i punti ritenuti validi ai fini iridati

 

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